Due fratelli, Saverio (operaio) e Alberto (pittore alla ricerca del successo) vivono da soli in un appartamento al centro di Napoli. Un terzo fratello, Alfonso, è morto suicida, e nonostante siano trascorsi alcuni anni, i due non si riescono a rassegnare all’idea di averlo perso. In particolare Alberto, che non riuscendo a farsene una ragione, continua a giocare a tre sette con un fantoccio. Il fantoccio, infatti, simula la presenza del defunto e con esso Alberto passa ore intere a giocare a carte. AI fantoccio – fratello, Alberto chiede spiegazioni circa la loro ultima partita — “come ha fatto a barare?”- è l’ossessiva domanda.
Questo per Alberto è solo un pretesto, perché egli in realtà non essendo riuscito ad accettarne il suicidio, utilizza il gioco delle carte come strumento per esorcizzare I’angoscia dell’abbandono.
I due fratelli sono inoltre alle prese con i debiti lasciati dal fratello Alfonso e motivo del suo suicidio.
Pian piano la scena si popola di variegati personaggi che vivono situazioni diverse e intricate, dalla comicità esilarante, che hanno come punto centrale di riferimento Alberto e Saverio. La situazione, in apparenza spensierata e divertente, diventa ogni giorno più grave. Gli usurai stringono il loro cerchio, senza pietà. Ci sarebbe una sola possibilità per liberarsi dalla loro morsa: denunciarli, ma il rischio di atroci vendette è troppo alto. Meglio seguire una strategia più sicura e accettare la proposta della padrona di casa, la straripante Assunta, che ha urgente bisogno di un rene, per il quale è pronta a versare 150 milioni, grazie ai quali il problema sarebbe risolto per sempre e tutto potrebbe tornare come prima. Ma le cose prendono però un’altra piega: come spesso accade la realtà è molto diversa da quella che appare…